Odio stare qui in mezzo ad altri scritti che non so da dove vengano e cos’abbiano da dire.
Se solo mi fossi impegnato di più e fossi cresciuto fino a diventare un romanzo, avrei potuto evitare di condividere le mie pagine con altri racconti. Ma con la fortuna che ho, minimo minimo, sarei finito in uno scaffale vicino al “Conte di Montecristo” o al “Viaggio al centro della terra” o a una di quelle storie pazzesche che ti pigliano a pagina uno e non riesci più a smettere di togliertele dalla testa. E a quel punto sì che avrei fatto una figura da schifo.
Spero solo che qui intorno non ci siano racconti del genere e, se ci dovessero essere, mi auguro che la gente si concentri su di loro e mi tolga gli occhi di dosso.
Critiche, giudizi e paragoni mi piacciono zero e, anche se ho imparato a distrarmi quando me li vomitano addosso, non li sopporto.
Sono un racconto timido, l’ho già detto e non ho problemi a ripeterlo.
Voglio sia chiaro a tutti, soprattutto a chi passa il suo tempo a leggermi invece che a whazzappare, a vagare negli androni dei centri commerciali o a giocare alla PSP.
Se volete proseguire la lettura non posso impedirvelo ma poi, per piacere, fate come al solito: infilatevi le cuffie e silenzio.
Che poi, diciamocelo francamente: infilarsi le cuffie, più che silenzio, è una forma d’isolamento che la mia timidezza in confronto è il carnevale di Rio.
E comunque l’isolamento che vi accompagna sulla metro, a scuola e nel soggiorno di casa, non è argomento di mia pertinenza. Sono fatti vostri, punto.
Ribadisco; sono un racconto timido e tutto voglio fuorché iniziare una discussione con perfetti sconosciuti.
So cosa state pensando. Che la timidezza che sbandiero sia solo una scusa ma che in realtà sia anch’io vittima dello stesso autismo sociale con cui ormai vi siete abituati a convivete.
Fesserie! Io mi chiudo in me stesso per scappare dai vostri giudizi, voi lo fate per evitare i vostri silenzi.
Esatto: silenzi! Quelli che non riuscite nemmeno più a rispettare negli stadi.
Ogni volta che vi si chiede di osservare un minuto di silenzio, dopo nemmeno quindici secondi siete lì ad applaudire, tutti insieme. Perché il silenzio è un vuoto che si è costretti a riempire con i propri pensieri. E a pensare con la propria testa, si fa una fatica porca.
Io no. Io mi isolo perché sono timido e perché sto meglio con me stesso che con gli altri.
Potete dire altrettanto voi? Siate sinceri.
Sui social chiedete e accettate l’amicizia di persone mai viste in vita vostra, seguite profili di tizi con cui fareste fatica persino a bere un mojito e condividete post di chissà chi per mostrare il vostro impegno, senza nemmeno fare lo sforzo di scrivere due righe di vostro pugno.
La verità è che pur di non stare con voi stessi, vi siete circondati di persone lontane.
Io no, ve l’ho detto. Io sono un racconto timido.
Dimenticatevi di me e ricordatevi di voi.